22 Settembre 2022

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L’intervista: Fabrizio Ribelli e il Social Media Marketing

16 domande per conoscere i segreti del web. Esperti, professionisti e innovatori svelano i trucchi del mestiere

Social media manager, coach e consulente, Fabrizio Ribelli traccia un quadro del mondo social rispondendo a 16 domande.

Con oltre 20 mila follower, il suo progetto social su Instagram continua a crescere, con un perfetto equilibrio tra le competenze tecniche e la grande attenzione per il percorso umano che professionisti e brand devono affrontare sui social.

Anche sul sito Social Ribelli, il concetto è chiaro: “Il lavoro su Instagram e sui social in generale va paragonato a una maratona, non a uno sprint! Non vince chi arriva primo, ma chi arriva in fondo, chi ottiene il suo risultato”.

Nella corsa sfrenata al like, un punto di vista da vero ribelle.

1. Presentati brevemente: chi sei? Che lavoro fai?

Sono Fabrizio Ribelli, 37 anni, da poco mental e career coach professionista, ma ancora un social media manager e Instagram coach.

Mi occupo di come affrontare Instagram e altri social attraverso percorsi, senza ansia e stress, per renderli veri strumenti di business, sia per i liberi professionisti che per gli imprenditori; e qualche volta anche per le realtà locali.

2. Quali sono gli aspetti più importanti del tuo lavoro?

Due elementi non possono mai mancare.

Il primo è il divertimento. È fondamentale fare ciò che si fa, anche nei casi più difficili e stressanti, con piacere. Questo approccio aiuta anche a mettere bene in ordine le priorità; distinguere le cose davvero importanti da quelle che lo sono meno.

Il secondo è: mai farsi sopraffare dagli strumenti e dall’ambiente social, o più in generale, da quello digitale. Sono ambienti molto impegnativi ed energivori, bisogna avere il giusto spirito, altrimenti è davvero complicato sopravvivere, sia dal lato professionale che personale. Potrebbero addirittura diventare un’arma a doppio taglio.

3. Hai un settore in cui preferisci lavorare? E un social con cui preferisci lavorare?

Il lavoro one to one è quello che mi entusiasma di più. Mi piacciono tutte quelle collaborazioni con profili professionali complementari al mio.

Come social, Instagram. Anche se mi appassionano tutti: ho iniziato con Twitter – ero un vero esperto -, lavorato con Snapchat e adesso sperimento anche su TikTok.

4. Il tuo miglior progetto: cos’è successo?

Dal 2013 a oggi, ce ne sono tanti di casi. Già la mia pagina personale su Instagram ne è un esempio.

Un progetto che ricordo ancora a distanza di tanti anni è un lavoro per una palestra. Avevamo tantissime idee e pochissimo tempo.

Delle premesse non proprio ottimali, insomma. Eppure, abbiamo centrato il post. La campagna era tutta su quel post, solo per interazione; abbiamo riscosso un grandissimo successo in una settimana.

5. Il tuo peggior progetto: cos’è successo?

Ricordo un caso particolarmente difficile: seguivo un’attività da più di due anni, quando sono iniziati dei problemi interni tra i due soci.

La condizione che si è creata, di tensioni e indecisioni, purtroppo ha fatto perdere tutti i risultati degli anni precedenti che arrivavano dai social. Un vero peccato.

Un’esperienza che mi ha permesso di crescere, oltre le competenze tecniche. Un vero banco di prova per capire come gestire situazioni complicate, le emergenze e le crisi, anche sul lato umano.

Per fortuna non tutto il male viene per nuocere: la confidenza che ho preso con questo tipo di situazioni mi ha aiutato ad ampliare le mie prospettive e allargare il mercato.

6. SMM e marketing tradizionale: come si differenziano e come si integrano?

Trovo queste definizioni un po’ anacronistiche. La distinzione è solo rispetto agli strumenti, ma i concetti di fondo del marketing e della comunicazione, per la gestione dei progetti, è sempre la stessa.

Tempo fa ne ho parlato in alcuni podcast. L’idea era proprio creare un parallelismo tra le tecniche di marketing applicate da alcuni personaggi storici (ad esempio Martin Luther King) e il marketing moderno.

Risultato? Gli schemi si ripropongono.

Diciamo che oggi c’è un aggiornamento degli strumenti, dovuto ai mezzi più veloci, ma l’uomo “funziona” sempre allo stesso modo.

7. Meglio usare i social per rivolgersi a una audience estesa oppure a una nicchia?

Dipende. La nicchia è utilissima per scalare, andare veloce e monetizzare, tuttavia sui social l’audience ampia è necessaria, anche strutturalmente.

Se non hai pubblico, fare attecchire il messaggio diventa molto complicato. Se non ci sono i numeri, fai fatica a trasmettere i concetti.

È chiaro che tutto va fatto contestualmente; tutto dipende dall’obiettivo.

8. Cosa rende un post perfetto?

Ho una buona e una cattiva notizia. La cattiva è che in realtà non esiste il post perfetto. Innanzitutto perché non è perfetto il mezzo su cui siamo. 

Ci sono regole per rendere i post efficaci sui diversi social, ma bisogna tener conto che siamo sempre di fronte a un pubblico in evoluzione. Quindi non esiste il post perfetto in assoluto.

La buona notizia, però, è che esiste il post efficace rispetto all’obiettivo specifico che ci si pone. Ad esempio, si può costruire un buon post per ottenere like o commenti e ottenere davvero quei like e commenti desiderati.

9. In parole semplici, ci spieghi come funzionano le pubblicità sui social?

Su questa tematica si apre un mondo. Ma in ogni caso tutto parte da due elementi fondamentali: obiettivo e contenuto.

In base ad essi si sceglie il pubblico, si definisce il budget e si imposta il lavoro. 

Altro aspetto di cui tener conto: ogni social ha le sue caratteristiche in base alle campagne.

10. Come si valutano le performance del Social Media Marketing?

Anche in questo caso: tutto dipende dall’obiettivo.

Faccio un esempio dalla mia esperienza. Alcuni anni fa, nello stesso periodo, stavo lavorando a due progetti.

Nel primo caso il cliente voleva incrementare la riconoscibilità dell’attività, senza necessità di conversione economica. Nel secondo caso, il cliente mi chiedeva di aumentare le vendite, quindi trasformare i lead e aumentare i guadagni.

I lavori sono stati impostati in maniera differente in base a ciò che desiderava il cliente. Di conseguenza i percorsi sono stati differenti e le due performance non sono paragonabili né intercambiabili.

Un consiglio che arriva proprio dalla gestione social locale e magari con poco budget è di focalizzarsi più sull’idea di “andare bene”, indipendentemente dal singolo obiettivo, così da ammortizzare anche le fasi negative.

11. Come gestire i commenti negativi?

Questa tematica è importantissima, ho anche avviato un progetto con psicologi e avvocati per gestire alcune situazioni, non solo negative, ma che riguardano in generale i social.

Purtroppo sui social tutti pensano di poter fare quello che vogliono, anche se non è così. I social tolgono il filtro dato dall’aspetto umano e le inibizioni, tanto da far sentire le persone in diritto di scrivere ciò che vogliono e come vogliono.

Un approccio vergognoso in molti casi. Quindi bisogna imparare a gestire psicologicamente ciò che arriva.

Penso che vadano distinte alcune situazioni. Se le critiche sono sul lavoro e sulle competenze e sono fatte in modo educato, meglio rispondere, per spiegare il proprio punto di vista, con fermezza e gentilezza. Prendere il commento in maniera costruttiva.

Se, però, l’interlocutore esagera e va oltre il limite, meglio non discutere, ma segnalare sul social e ricorrere alle vie legali nel caso fosse necessario. Quando ci sono complicazioni, suggerisco sempre di rivolgersi a un professionista.

Il limite di cui parlo è spesso un limite psicologico. È quella linea soggettiva e personale rispetto alla quale si pensa di non poter più tollerare.

12. Falsi miti sul tuo lavoro

Sono tantissimi. Spesso le persone, scettiche, mi chiedono:

  • Riesci a vivere con questo lavoro?
  • Qual è il tuo vero lavoro?
  • Fai solo questo per vivere?
  • Che ci vuole a mettere due cose sui social? Lo fa anche mio cugino…
  • Per te è facile perché sei già cresciuto sui social (come se non fossi partito da zero)

Tanti di questi falsi miti sono dovuti alla concezione dei social come gioco, soprattutto prima della pandemia; nell’ultimo paio di anni, invece, il valore e le potenzialità dei social sono usciti fuori e forse alcuni punti di vista stanno cambiando.

13. Uno strumento essenziale per il tuo mestiere

Non lavorando con un piano pre confezionato, ma con le singole persone con piani specifici, i primi tre strumenti per impostare il percorso sono: carta, penna e cervello.

Sono convinto che quando si buttano giù le idee, l’aspetto cinestetico sia essenziale. Tutto ciò che è legato allo scrivere a mano aiuta a memorizzare, pensare, programmare. Uso anche degli strumenti digitali, ma sono un aiuto per ottimizzare i tempi.

Altri due strumenti per lavorare nello specifico su Instagram sono: la luce e uno smartphone con buona risoluzione.

Carta, penna, una buona luce e smartphone permettono di fare tutto.

14. Un testo da consigliare sull’argomento

Una base importante, che offre sempre tanti spunti e rappresenta una possibile finestra sui social, molto più attuale di ciò che si crede, è, insospettabilmente, l’Utopia di Tommaso Moro.

Fenomenale da leggere è anche L’arte della diplomazia di Kissinger.

Infine, ormai un classico per il settore, Not just Analytics di Brugnoni e il famoso capitolo tre.

15. Come pensi evolverà il tuo settore nei prossimi anni?

Domanda da un milione di dollari… La pandemia ha sparpagliato le carte, ha avvicinato molto le persone sui social, il mondo virtuale di due anni fa è del tutto stravolto.

Su Instagram possiamo vedere enormi cambiamenti, una totale revisione dei dogmi e continua a mutare. Stesso discorso per siti web e Ads. 

L’evoluzione sarà sul contesto attuale e, secondo me, sarà l’incertezza a predominare, consentendo anche la sperimentazione. È il momento giusto per provare e trovare nuove opportunità, l’occasione per non fossilizzarsi.

Il copy sarà sempre più vitale, sia le tecniche che la buona scrittura. Il mentore sarà una figura essenziale per accompagnare le persone sui social, soprattutto lato umano. La tecnica si impara, ma l’aspetto umano necessita di un vero percorso; un percorso che ti insegna come approcciare a un mondo che è ormai realtà.

16. Svelaci un trucco o una curiosità che nessuno racconta mai sul tuo tipo di lavoro

C’è una cosa che si fa pochissimo, ma che io consiglio molto spesso. 

Dato che consumiamo contenuti in maniera vorace, tendendo a guardare in superficie le informazioni e tutto il contesto, su Instagram consiglio di controllare tutto di un profilo, dagli inizi, post vecchissimi e commenti.

In questo modo si trovano un mare di informazioni e si vede la crescita e l’evoluzione dei colleghi.

Oltre a essere una miniera di informazioni, è arricchente dal lato professionale, umano e tecnico: guardando cosa fanno gli altri si impara molto. Basta poco, anche cinque, dieci profili.

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